Attraverso lo spoglio delle principali riviste del Pci ("il Contemporaneo", "Rinascita", "Vie Nuove") e la consultazione di alcune fonti d'archivio, l'articolo ricostruisce le pratiche discorsive dei comunisti italiani intorno al tema del cinematografo tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni Sessanta, ovvero nel periodo compreso fra le due principali leggi di regolamentazione del settore. Decostruendo l'immagine storiografica di un partito incapace di leggere le trasformazioni indotte dall'ondata di modernizzazione neocapitalistica, l'articolo dimostra come il cinema abbia permesso al Pci di Togliatti di mettere in campo un coerente e articolato piano di radicamento nelle infrastrutture culturali ed economiche del Paese negli anni della Guerra fredda.